
A ogni battito palpebrale, un sottile film di lacrima viene ridistribuito sulla superficie oculare. Questo film composto principalmente da mucine, acqua e lipidi ha uno spessore di alcuni micrometri e tende a rompersi tipicamente dopo alcuni secondi. Il mantenimento prolungato dell’integrità del film suggerisce una minore propensione a problematiche come il disturbo dell’occhio secco. Le rotture del film e il tempo con cui queste si verificano vengono tipicamente analizzate con tecniche di microscopia oculare in vivo utilizzando un colorante fluorescente diluito nelle lacrime, che tuttavia si ritiene possa destabilizzare il film lacrimale una volta instillato nell’occhio. Nel lavoro dal titolo “Comparing automated and manual assessments of tear break-up time using different non-invasive devices and a fluorescein procedure” pubblicato sulla rivista Scientific Reports (doi: 10.1038/s41598-024-52686-0) e condotto dai ricercatori del Centro di Ricerca in Ottica e Optometria (COMIB) del Dipartimento di Scienza dei Materiali, la stabilità del film lacrimale è stata misurata senza necessità di fluoresceina, attraverso l’analisi delle alterazioni di immagini riflesse dal film lacrimale.
Questo approccio non è invasivo e può essere implementato con metodi di riconoscimento automatico della rottura con algoritmi in grado di evidenziare variazioni nella regolarità delle immagini riflesse, eliminando le influenze dell’abilità/esperienza dell’operatore. Lo studio è stato condotto dal dott. Fabrizio Zeri, dott.ssa Giulia Carlotta Rizzo, dott.ssa Erika Ponzini, prof.ssa Silvia Tavazzi.