MXeni: i nuovi materiali bi-dimensionali per le batterie litium-free

Pubblicati i risultati della ricerca su Small Methods
Image
Struttura dei MXeni

Le batterie al litio hanno cambiato e stanno cambiando la nostro società: tutti i dispositivi che conosciamo hanno visto il loro sviluppo grazie a questi dispositivi. Questa tecnologia è però destinata a un utilizzo sempre più limitato in futuro a causa dei costi elevati e soprattutto della scarsa disponibilità di alcune materie prime (come lo stesso litio). Una possibile alternativa è lo sviluppo di batterie ricaricabili al sodio, un elemento più abbondante in natura. La sfida che i ricercatori stanno affrontando è trovare il materiale più adatto che costituisca l’anodo affinché l’intercalazione dello ione sodio (Na+) non danneggi il materiale stesso come accade nella grafite (l’anodo più comune nelle batterie al litio): l’intercalazione del sodio infatti ne provoca una esfoliazione irreversibile.

Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano – Bicocca guidato dal Prof. Riccardo Ruffo, professore associato di Chimica Fisica, grazie alla collaborazione con Ricerca Sistema Energetico (RSE) e con l’Università di Ulsan (Corea del Sud), ha messo a punto un nuovo materiale bi-dimensionale della classe dei MXeni, i “materiali negativi” del futuro in batterie ricaricabili al sodio, che risponde a questi requisiti. Nella ricerca “Enhanced Functional Properties of Ti3C2Tx MXenes as Negative Electrodes in Sodium‐Ion Batteries by Chemical Tuning” (doi: 10.1002/smtd.202000314) pubblicata sulla rivista Small Methods (Impact factor 12.190, - 2019 Journal Impact Factor, Journal Citation Reports – Clarivate Analytics, 2020), i ricercatori hanno dimostrato come questi materiali abbiano tempi di vita, efficienze, e densità di potenza che sono lo stato dell’arte per i materiali negativi in batterie ricaricabili al sodio.

Cosa sono i MXeni e dove possono trovare applicazione?

Parenti stretti del grafene, dal quale mutuano il nome, i MXeni sono strutture lamellari con ampi spazi tra le lamelle (1 nm) che li rendono dei materiali bi-dimensionali con un ampio spettro di applicazione – spiega Riccardo Ruffo – e adatti all’intercalazione di ioni. Basti pensare che nella grafite, materiale molto usato come elettrodo, lo spazio tra le lamelle è di circa 0.3 nm. Nel termine MXene, la M sta per metallo di transizione (Ti, V, Cr, Mo), X per carbonio (C) o azoto (N), mentre il suffisso -ene ricorda proprio la struttura del grafene. In pratica si possono definire come carburi o nitruri di metalli di transizione a struttura grafenica. Tra essi, abbiamo indagato il carburo di titanio di formula chimica Ti3C2Tx dove la T sta per i gruppi terminali delle lamelle (-F, -OH, etc.), che è il più facile da preparare.

I MXeni hanno un’ottima conducibilità elettronica, una superfice idrofilica e buone proprietà meccaniche, per cui sono stati studiati come conduttori elettronici trasparenti, membrane per la separazione ionica, storage di idrogeno, catalizzatori per l’evoluzione di idrogeno e soprattutto elettrodi in energy storage, sia in capacitori sia in batterie ricaricabili a ioni alcalini (batterie al litio e al sodio).

Quale è stato l’approccio che avete seguito?

L’approccio è stato altamente multisciplinare. Il lavoro si colloca infatti nel quadro del progetto “Dipartimenti di Eccellenza: Materials for energy” e ciò ha promosso la collaborazione tra ricercatori del dipartimento con background diversi.

Il lavoro è il risultato di anni di ricerche, che coprono tutta la catena del valore: dalla preparazione del precursore a base di titanio, alluminio e carbonio (Ti3C2Al) alla sintesi del MXene (Ti3C2Tx), alla sua caratterizzazione chimica, strutturale e morfologica, fino alla formulazione in anodi per batterie ricaricabili a sodio ione, di cui poi abbiamo ottenuto le proprietà funzionali in prototipi di batterie. Per capire più a fondo le correlazioni tra la struttura e le proprietà elettrochimiche sono state anche modellizzate le proprietà elettroniche con conti da principi primi.

Quanto sono state importanti le collaborazioni extra-dipartimentali?

La collaborazione con RSE è stata fondamentale, perché ci ha permesso di venire in contatto con questi materiali affascinanti e di avere sempre a disposizione le quantità di precursore necessarie a modificare la preparazione del MXene per migliorarne le proprietà. La collaborazione con i colleghi coreani è stata altrettanto importante perché ci ha dato accesso a tecniche di caratterizzazione superficiale (XPS) che non sono disponibili in dipartimento e che sono fondamentali in questo ambito.