
La stampa 3D tramite fotopolimerizzazione è una delle strategie più semplici per stampare e costruire materiali polimerici. Tuttavia, la riproducibilità del processo di stampa richiede che le resine fotosensibili siano correttamente caratterizzate tramite la cosiddetta “working curve”, che fornisce informazioni sull'energia necessaria per indurre la fotopolimerizzazione. Sembra semplice, ma i dati in letteratura e l'esperienza di laboratorio suggeriscono una significativa dispersione dei dati, criticità che limita la riproducibilità della stampa 3D.
In questo articolo di ricerca completo "Results of an interlaboratory study on the working curve in vat photopolymerization II: Towards a standardized method" (doi: 10.1016/j.addma.2025.104919) pubblicato su Additive Manufacturing (Elsevier, Impact Factor 11.1, 2024 Journal Impact Factor, Journal Citation Reports (Clarivate Analytics, 2025)), gli autori hanno sviluppato e testato sorgenti luminose calibrate con filtri passa-banda confinati per le misurazioni della curva di lavoro. Utilizzando queste fonti di luce standardizzate, la variabilità tra i laboratori è stata drasticamente ridotta rispetto allo studio iniziale, ottenendo misurazioni affidabili con incertezze relative del 9,4% (con lunghezze d’onda di 385 nm) e del 5,5% (405 nm) per la profondità di penetrazione della luce, stabilendo le fondamenta per uno standard documentario nella produzione additiva di fotopolimeri. Basandosi su questo studio tra diversi laboratori indipendenti, l'industria della produzione additiva di fotopolimeri può condividere dati della “working curve” riproducibili e interoperabili.
Questo articolo di ricerca è stato realizzato con successo attraverso una collaborazione tra un team di ricercatori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell'Università di Milano-Bicocca (prof. Carlo Antonini, Rajat Chaudhary e Gabriele Muraca, SEFI Lab) insieme al National Institute of Standards and Technology (NIST), USA, che ha guidato un consorzio internazionale di 27 istituzioni.